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domenica 18 novembre 2018

E allora il PD?

Pubblicato qui: https://www.facebook.com/marcocalvo.it/posts/10217680139693945?comment_id=10217688570464709&reply_comment_id=10217702007160618&comment_tracking=%7B%22tn%22%3A%22R1%22%7D .

Maurizio Marcello Claudio Pittella: ex Presidente della Regione Basilicata dal 2013 al 2018 (sospeso per effetto della Legge Severino in quanto sotto processo).
Per rimborsi illeciti ottenuti tra il 2009 e 2010, a gennaio 2015 Pitella è stato condannato dalla Corte dei Conti di Potenza a «risarcire il danno prodotto alla Regione Basilicata» per l'ammontare di 6.319,84 euro. Con lui dovranno restituire parte dei rimborsi percepiti il Presidente del Consiglio Regionale lucano, Franco Mollica (UDC); il suo predecessore, oggi deputato, Vincenzo Folino (SI); l'assessore all'Agricoltura, Luca Braia (PD), e il consigliere Paolo Castelluccio (FI) (qui http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/sentenze/2015/sentenza_11_2015_basilicata.pdf il testo della sentenza).

Il caso della Regione Basilicata merita un approfondimento - a proposito degli scontrini, tanto cari al MoVimento Cinque Stelle. Le contestazioni riguardano in massima parte scontrini e fatture di alberghi e ristoranti, rimborsate senza alcuna dimostrazione della effettiva natura "di rappresentanza" della spesa sostenuta. «Non si comprende, per esempio - scrivono i magistrati - come una ricevuta fiscale di un pernottamento di due persone in una località turistica rinomata, in piena estate, possa plausibilmente ricondursi a una esigenza di rappresentanza quando manchi un riferimento a un evento pubblico, anche non istituzionale, che ne giustifichi la relativa imputazione».
Stesso discorso per pranzi e cene «a seguito del prolungamento dei tempi di lavoro di non precisate riunioni», dato che consiglieri e assessori regionali intascavano già un'altra indennità per il loro «sostentamento personale». Il totale delle condanne, ripartite fra ventidue consiglieri e assessori regionali, in carica ed ex, è di 240mila euro. Per rigor di cronaca diremo che in questo processo è stato assolto, invece, l'allora Presidente della Regione Vito De Filippo (PD), per duemila seicento euro di francobolli. Ma a causa delle stesse "spese postali" resta a processo davanti al tribunale di Potenza con l'accusa di peculato e falso assieme - tra gli altri - a Pittella e Mollica.
A gennaio del 2015, rispetto ai rimborsi percepiti nel 2009 e nel 2010, era già arrivata una prima condanna della Corte dei Conti sempre per Pittella più altri ventuno consiglieri ed ex, fra i quali il deputato Folino e il sottosegretario De Filippo, per oltre 200mila euro complessive di "spese ingiustificate". Di fronte ai giudici Pittella si era difeso sostenendo la sua buona fede, perché era prassi che scontrini e fatture fossero risarciti senza un controllo vero e proprio sulla documentazione giustificativa. Quindi aveva spiegato che la gran parte dei suoi pranzi "di rappresentanza" andavano riferiti a incontri con gli amministratori dell'area del Lagonegrese, che è anche il suo principale bacino elettorale. "Per intercettare e individuare le problematiche di quella zona".
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Matteo Renzi - per il quale evito anche la breve descrizione.
Da Presidente della Provincia di Firenze la giustizia contabile gli contestò il danno erariale: l'assunzione presso la Provincia di quattro dirigenti, in violazione delle disposizioni riguardanti la contrattazione collettiva del comparto. Aveva inquadrato nel suo staff quattro persone esterne all'amministrazione come funzionari, qualifica che richiede la laurea, pur non possedendola. L'indagine era nata da una denuncia sull'assunzione di Marco Carrai, "uomo-ombra" del renzismo, all'epoca ventinovenne, sistemato nella segreteria del Presidente nonostante fosse privo del diploma di laurea. Così, per cinque anni, i quattro avrebbero beneficiato di uno stipendio maggiorato e non dovuto. Renzi subì due condanne (4 agosto 2011 e 9 maggio 2012) dalla Corte dei Conti, insieme ad altre venti persone, per danno erariale.
Ma in appello Renzi è assolto con una sentenza unica nella storia della giurisprudenza: i giudici della I Sezione Centrale d'Appello di Roma il 4 febbraio 2015 sentenziano che: "Pur non ricorrendo gli estremi della cosiddetta "esimente politica", questo Collegio ritiene di poter rilevare l'assenza dell'elemento psicologico sufficiente a incardinare la responsabilità amministrativa, in un procedimento amministrativo assistito da garanzie i cui eventuali vizi appaiono di difficile percezione da parte di un 'non addetto ai lavori'".
In poche parole, i giudici confermano implicitamente l'illecito, ma assolvono Renzi (laureato in gurisprudenza, e con a disposizione uno staff legale da Presidente di Provincia), perché – a detta dei giudici – "non in grado di percepire le illegittimità del proprio operato". L'ignoranza della legge, mai ammessa in giurisprudenza, è fatta valere "ad personam" per Matteo Renzi. Coincidenze: il giudice che emette la sentenza, due mesi dopo è nominato capo della Corte dei Conti.

In un'altra vicenda, la Procura di Firenze ha aperto un'inchiesta senza indagati, sulla casa di Firenze dove Renzi ha soggiornato frequentemente dal 2011 al 2013, il cui affitto è sempre stato pagato dall'imprenditore Marco Carrai (il quale ha a sua volta ottenuti svariati incarichi in società controllate dal Comune e appalti dall'amministrazione Renzi).
Il 27 ottobre 2003, un giorno prima dell'ufficializzazione della sua candidatura a Presidente della Provincia di Firenze, Renzi si fa "assumere" dall'azienda di famiglia (la Chil Srl, ora rinominata Eventi 6) che trasforma il suo contratto da Co.co.co. (Collaborazione Coordinata Continuativa) in uno da dirigente. Da quel momento Renzi, in caso di elezione, ha diritto ai contributi pensionistici figurativi. La legge infatti prevede che sia l'ente locale a pagare i contributi e a versare il TFR ogni anno.
Grazie a quella "assunzione", Provincia e Comune hanno già pagato (ovviamente con soldi pubblici) circa 43.000 mila euro di contributi fino all'inizio del 2014 per costruire la pensione e il TFR di Renzi.
Solo dieci anni dopo, quando un'inchiesta del Fatto Quotidiano ne rivela la vicenda a livello nazionale, nel maggio 2014 Renzi annuncia che si sarebbe dimesso dalla società di famiglia. Ma nel luglio 2015 lo stesso giornale scopre che Renzi li ha incassati senza rinunciarvi. Per una vicenda simile l'ex ministro Josefa Idem è a processo per truffa aggravata.
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Filippo Bubbico: Viceministro dell'Interno sotto il Ministro Angelino Alfano nel Governo Letta e riconfermato nel Governo Renzi e nel Governo Gentiloni sotto Marco Minniti.
Il 4 luglio 2015 la Corte dei Conti della Basilicata condanna Bubbico al pagamento di un'ammenda di 4 500 euro di risarcimento alla regione Basilicata per l'accusa di danno erariale. Tuttavia il Partito Democratico lo mantiene tra le sue fila: Bubbico lascerà il proprio partito di appartenenza il 28 febbraio 2017 per aderire ad Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista.
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Linda Lanzillotta: Capo di Gabinetto del Ministro del Tesoro dal 1999 al 2000 durante il secondo governo Amato, Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Locali nel secondo governo Prodi; dal 21 marzo 2013 al 22 marzo 2018 è stata Vicepresidente del Senato della Repubblica.
Fu condannata dalla Corte dei Conti per quarantamila euro di danno erariale per consulenze non giustificate mentre era Assessore alla Programmazione Finanziaria del Comune di Roma nella giunta Rutelli.

Curiosità: iniziò la sua carriera nell'Unione dei Comunisti Italiani Marxisti-Leninisti (fosse mai che ci confondessimo) nel 1968; ricominciò poi nel Partito Socialista Italiano (1979-1993), passò alla Margherita (all'epoca Democrazia è Libertà, 2002-2007), al Partito Democratico (2007-2009), di nuovo alla Margherita (frattanto diventata Alleanza per l'Italia, 2009-2012), poi in Scelta Civica (2013-2015) per tornare infine al PD (dal 2015).
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Massimo Paolucci: eletto alla Camera dei Deputati nella circoscrizione Campania 1 nelle liste del Partito Democratico alle elezioni politiche del 2013.
Condannato dalla Corte dei Conti per danno erariale nello scandalo rifiuti di Napoli; ma è da sempre considerato un fedelissimo di Massimo D'Alema.
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Francantonio Genovese: Sindaco di Messina dal 14 dicembre 2005 all'8 ottobre 2007, è stato Deputato della Repubblica Italiana con il Partito Democratico fino al 22 dicembre 2015, poi ha traslocato in Forza Italia.
Il caso Genovese è degno di nota perché, a processo dal giugno 2013 per associazione a delinquere, riclaggio, peculato e truffa nella vicenda dei fondi regionali ed europei destinati alla formazione professionale che avrebbe intascato in maniera illecita per sé e per le proprie clientele, il 7 agosto 2014 il Parlamento italiano (con il voto del Partito Democratico, Forza Italia, Nuovo Centro Destra, Scelta Civica, Per l'Italia, Sinistra Ecologia Libertà, Misto-Partito Socialista Italiano), ha negato l’uso delle intercettazioni successive al 12 dicembre 2011 (cioè quelle più importanti ai fini processuali) tra le dure proteste in aula del M5S. Ciò nonostante il 7 maggio 2014 la Giunta per le Autorizzazioni avesse bocciato a larga maggioranza la relazione del vicepresidente della Giunta, Antonio Leone, deliberando in tal modo parere favorevole alla proposta di concessione della richiesta di arresto; tant'è che il 15 maggio la Camera autorizza la richiesta di arresto nei suoi confronti.
Il suo procedimento penale è ancora in corso.
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Andrea Rigoni: eletto per la prima volta a Montecitorio nel 2006 nella lista de L'Ulivo. Conferma il proprio seggio anche nel 2008 e nel 2013 nella circoscrizione XII Toscana per il Partito Democratico.
Condannato in primo grado a otto mesi per abuso edilizio all’Isola d’Elba) nel dicembre 2002, per lui è subentrata la prescrizione. Nonostante la condanna il Partito Democratico lo ha ricandidato in Parlamento.
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Walter Tocci: ex vice-sindaco e assessore del Comune di Roma.
Condannato nel gennaio 2006 per danno erariale dalla Corte dei Conti per non aver posto in essere (come doveva, quale assessore competente) i meccanismi atti a verificare la regolarità e la proficuità della gestione del trasporto pubblico romano ATAC/CRP (a loro volta condannate) e dei parcheggi a pagamento nel Comune di Roma negli anni 1995-1997. Oggi qualcuno vorrebbe privatizzare l'azienda.
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Pubblicato qui: https://www.facebook.com/TristemietitoreTW/posts/1997382310349702?comment_id=1997472970340636&comment_tracking=%7B%22tn%22%3A%22R%2345%22%7D .

Un solo appunto. «I giornali parlano di una inchiesta in corso su una sindaca del tuo schieramento, con approfondimenti, inchieste (il loro mestiere insomma) etc.». Ecco: non è stata realizzata una semplice inchiesta su una sindaca, è stata montata una vera e propria macchina del fango, che per quasi due anni ha cercato di vedere in lei sia una libertina dedita a saltare di amante in amante (in rigoroso ordine alfabetico: Frongia, Marra e Romeo), sia una totale incapace nella gestione della città (per dirne una, dimenticando che il piano di smaltimento dei rifiuti spetta alla Regione). Se a questo aggiungiamo le denunce politicamente strumentali, dalle quali infatti la sindaca /de cuius/ è sempre (sempre) uscita indenne, nel senso proprio che "il fatto non costituisce reato", allora occorre scrivere alcune osservazioni a corredo dei fatti avvenuti.
Egregi signori giornalisti, e canea al seguito. Se volete dire in libertà le vostre opinioni personali, in televisione o sui giornali, fatelo pure: ma allora scrivete pubblicamente che non siete più giornalisti, bensì solo opinionisti. E non stupitevi se nessuno vuole sentire o leggere le vostre opinioni, perché appunto sono personali. Il giornalista è un'altra cosa: il giornalista deve raccontare e ricercare la verità dei fatti, non già dare opinioni personali spacciandole per fatti; inoltre deve trattare le diverse fazioni politiche allo stesso modo - inteso, con distacco. Quando questa oggettività viene a mancare, si tratta di pensieri e opinioni personali - legittime, sia ben chiaro: ma sono un'altra cosa. Il giornalista deve informare i cittadini con chiarezza e senza proprie preferenze: il giornalista deve controllare i potenti, non viceversa.
Insomma: non dovete confondere la libertà di informazione con la libertà di dire la propria, personalissima opinione: perché magari qualcuno poi ci crede veramente; oppure, qualcun altro si accorge che state spargendo veleno contro "quelli là". Se sempre meno gente vi compra, una parte saranno anche analfabeti di ritorno, ma un'altra parte potrebbe anche avere capacità d'analisi dei fatti. Pensateci: poi, ovviamente, fate come meglio credete.
Cordialmente.
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Dunque:
1) Ignazio Marino è stato _condannato_, per giunta in secondo grado, proprio per la questione degli scontrini: http://mobile.ilsole24ore.com/solemobile/main/art/notizie/2018-01-11/caso-scontrini-marino-condannato-appello-2-anni--170927.shtml ; Virginia Raggi, al contrario, è stata sempre _assolta_ - con formula piena. Chiaro che la giustizia è giusta quando decide in linea con il nostro partito, ma ognuno ha le proprie preferenze, specie riguardo i FATTI - scritto tutto con la maiuscola, mi raccomando;
2) la macchina del fango è sempre esistita: non l'ha "inventata" il MoVimento. Certo, chi è pratico della materia fa bene a usare la memoria a orologeria: https://it.wikipedia.org/wiki/Disinformazione «Disinformazione [...] è un termine risalente a prima del 1983»;
3) la macchina del fango non è certo raccontare l'evoluzione delle fasi processuali: la macchina del fango è stata la pubblicazione di decine di articoli volti a denigrare la persona, la donna, "quella là". Chi avesse ancora la capacità d'intendere e volere può leggere qui un florilegio dei titoli da macchina del fango, nei quali è assente qualsiasi menzione dei fatti: https://infosannio.wordpress.com/2018/11/11/la-marcia-funebre/ ;
4) fa sempre più indignazione vedere come le donne, invece di reagire compatte di fronte a certe offese sessiste (“Patata bollente. La vita agrodolce della Raggi nell’occhio del ciclone per le sue vicende comunali e personali. La sua storia riguarda l’epopea di Berlusconi con le Olgettine, che finì malissimo” - Libero, prima pagina, 10 febbraio 2017), s'indigna a comando, a seconda di quale partito la donna in causa rappresenta. Peggio per voi, sia ben chiaro: ma allora sarebbe il caso di smettere di usare la locuzione "senza se e senza ma", visto l'andazzo.
A margine del discorso: credevo che a essere sempre meno fossero i votanti (uomini e donne, sia chiaro) per un altro partito: evidentemente mi sbagliavo. Dovrò andare a controllare i risultati dell'ultima tornata elettorale - e dico così perché mi fido poco dei sondaggi. Sbaglio? 🙂
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C'è sempre il PD! 😄
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