Tuareg

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venerdì 14 febbraio 2025

Vincere

Tratto da: https://www.facebook.com/orsogrigio1952/posts/pfbid0EgA431S9XR15E8ztENRLEM574ZiuVJj8FvJdBqJ8sWfah5doA3j6EXUc6v4bKtUnl .

Questa è una cosa che ho pubblicato una decina di anni fa sulla mia pagina privata e a cui sono molto legato. Per certi versi ha dato inizio alla mia presenza sui social e sarebbe perfetta anche per concluderla che tanto le cose restano immutabili e non cambiano mai.

La ripropongo, completa di foto d’epoca, non certo per autocelebrarmi, ma perché mi è tornata in mente a proposito delle cose che ho scritto ultimamente, a dimostrazione che siamo sempre lì, non ci muoviamo nemmeno di un millimetro, non in avanti almeno. 

La nostra è una malattia genetica degenerativa che non ha cura.

Pur con qualche riferimento al periodo di allora, che voi saprete sicuramente riadattare ad oggi, le cose che scrivevo restano infatti del tutto attuali e sono quelle che scriverei fra altri dieci anni, se ci fossi ancora.

Vincere per il gusto di farlo non basta, non vale niente.
Un uomo dovrebbe avere altre ambizioni, ben più nobili di quella dei numeri e del potere fine a sé stesso.
Perfino un politico dovrebbe averle.
Perfino la gaudente schlein, anche lei vittima invece di un’ambizione narcisistica fuori scala.

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VINCERE

Io e la quasi totalità dei miei coetanei facciamo parte di due categorie molto diverse: io e loro.

Non mi sono mai fidato di voi.
Nemmeno quando eravamo vivi, ai tempi delle rivolte studentesche e degli scioperi a pioggia, e sembrava tutto facile. Quando ci chiamavamo tutti compagni, una parola che non mi è mai piaciuta: evocava uno schema, una divisa dentro la quale mi sentivo stretto già allora; l’ho usata poco, e sempre con disagio.
E parlavamo di giustizia, libertà, pace, equità sociale: cose così. E tutto sembrava possibile.
Ci ho creduto a quell’utopia. Ero certo che il mondo potesse essere migliore di così, ci sono arrivato vicino, mi è sembrato di toccarlo quel sogno.
A un attimo soltanto.

Ma io e voi eravamo diversi. Ho sempre pensato che dietro la vostra enfasi di facciata si nascondessero in realtà interessi molto meno nobili e soprattutto privati. E avevo ragione, anche se avrei preferito sbagliarmi. Mi è testimone il tempo che vi ha visto, mano a mano, accomodarvi nella vostra poltroncina ben retribuita, o mettere su la vostra fabbrichetta d’oro dove trattavate i vostri operai come pezzenti per sfruttarli e arricchirvi col nero, oppure alla guida di qualche associazione fasulla, ma funzionale al partito o al sindacato che pretendevate di rappresentare. Piccoli enti merenda per le vostre piccole ambizioni.

A voi di quegli ideali, di quelle parole, non importava. Era solo una finta. Eravate niente allora e non siete mai cresciuti.
Del Che vi piacevano le magliette per fare i fighi e rimorchiare, ma delle sue idee non avete capito un cazzo. Eravate quelli del ‘Bar Casablanca, la Nikon gli occhiali…’ che tanto gli operai erano gli altri.

Il vostro orizzonte è sempre stato piatto. Non ci avreste nemmeno provato a salire più in alto o anche solo ad allungare il collo per seguirlo e provare a scorgere cosa ci fosse dall’altra parte. Volevate solo vincere, per essere più forti degli altri, per il potere, per il tenore della vostra vita, o anche solo per avercelo più lungo. Ma con chi o come vi importava poco.
Adesso siamo tutti di spalle che ce ne andiamo, all’ultimo giro di giostra: io  dopo una vita persa in un lavoro inutile per uno stipendio di merda, a combattere con i sensi di colpa e il dolore per tutto quello che non è stato, senza più speranza.
Ma ancora in piedi. E ancora incazzato, con i miei sogni a scaldarmi e a farmi compagnia.

A voi invece è andata meglio: avete vinto. Finalmente. E chi se ne frega se per farlo avete dovuto accettare qualsiasi porcheria, essere governati da uno sbruffone, il vostro duce, che per primi ha rottamato proprio voi tanto è sicuro del vostro rincoglionimento e del vostro voto, e dalla sua servitù, banda di yesman che dei problemi delle persone e della fatica che fanno per vivere non sanno un cazzo di niente.
Ma contava il risultato, e pazienza se decenni di sangue e conquiste andranno miseramente a puttana.
Tanto a voi, chiusi nel vostro orticello, al riparo dentro la vostra corazza di egoismo, protetti dalle vostre pensioni di merda, di tutto questo vi importa ‘na sega.

Ora però provate a immaginarvi migliori e a chiedervi, frugando fra quei tre neuroni ancora accesi, se era proprio questo che volevate. Provate a rivedervi in un flash-back e domandatevi, brutte teste di cazzo, se era questo che intendevate per sinistra blaterando di un mondo migliore.
E ora la vostra vittoria raccontatela ai nipoti, ma non ditegli il resto, di quando eravate diversi.
O credevate di esserlo.
Spero vi mandino affanculo.

Io lo faccio adesso.
Col mio cuore malandato, ma che batte ancora forte.

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La mia risposta: https://www.facebook.com/orsogrigio1952/posts/pfbid0EgA431S9XR15E8ztENRLEM574ZiuVJj8FvJdBqJ8sWfah5doA3j6EXUc6v4bKtUnl?comment_id=1833096764108181 .

> Ora però provate a immaginarvi
> migliori e a chiedervi, frugando
> fra quei tre neuroni ancora accesi,
> se era proprio questo che volevate.

Sì, era questo che volevano; e l'hanno ottenuto. Hanno "vinto".

Io sono nato nel 1966, sicché quando ho cominciato a capire che cosa stesse accadendo intorno a me, il movimento era ormai già in declino: i duri e puri avevano lanciata la lotta armata da tempo – che io già all'epoca ritenni destinata al fallimento, i "morbidi" stavano costruendo il nuovo partito alle spalle di Enrico Berlinguer: i varî Massimo D'Alema, Walter Veltroni, Piero Fassino erano già presenti, e difatti successivamente confluirono tutti nel contenitore politico (partito no, decisamente) di Achille Occhetto.

Dall'altra parte anche Luciano Lama stava costruendo il nuovo sindacato, nei confronti della cui linea politica fu coniato il neologismo "migliorista". In effetti, sia all'inizio il sindacato, sia successivamente il partito (da Giorgio Napolitano a Emanuele Macaluso e Gerardo Chiaromonte) migliorarono i rapporti con i padroni: non per caso, il 14 ottobre 1980, a Torino, circa quarantamila persone – soprattutto impiegati e quadri della FIAT ma anche operai, artigiani, commercianti, piccoli industriali; tutti lavoratori indefessi, onesti cittadini, bravi padri di famiglia timorati di dio – decidono di manifestare pubblicamente il loro sostegno alla più importante azienda del Paese e, al contempo, la loro contrarietà verso coloro – la maggioranza delle tute blu, delegati, sindacalisti – che, per alcuni anni, sono riusciti a limitare in modo rilevante la libertà di azione dell'impresa. Fu la prova di forza ordita dalll'azienda: sappiamo tutti come andò a finire.

All'epoca Berlinguer ebbe ancora la forza di sostenere la protesta, ma il sindacato era ormai diventato concertativo: l'azienda, conscia della propria forza politica e del "miglioramento" dei rapporti con il sindacato, passò dalla proposta di licenziamento di 14.469 dipendenti all'invio di più di ventitré mila lettere, ovviamente di licenziamento. Per i cassintegrati la débâcle fu totale: la gran parte fu definitivamente espulsa dal ciclo produttivo – chi mai avrebbe assunto un lavoratore di quaranta, cinquant'anni, a cui dover insegnare un nuovo lavoro, quando dopo vent'anni sarebbe andato in pensione? Il dato più toccante fu il numero di suicidi tra gli operai, ben cento quaranta nove, che si protrassero fino al 1984. Successivamente, cioè dagli anni Ottanta, il miglioramento fu così grande che si affermò il mito della flessibilità: un mito destinato a tradursi fino ai giorni nostri in una condizione strutturale di precarietà sempre più dilagante, devastante, distruttiva.

Quel giorno cambiarono tante cose: si spense il movimento del '68, ma si spense anche il movimento del '77, troppo debole nelle rivendicazioni politiche, sociali, economiche perché privo di una dirigenza capace di coagulare e condurre al raggiungimento di tali obiettivi. Si spense anche il movimento studentesco, colonizzato da quelli che io chiamavo i "carrieristi", cioè gli studenti che avevano capito da che parte fosse il potere e dalla sua parte si erano schierati, e che usavano mille stratagemmi per fare in modo che il movimento si esaurisse. Una delle tattiche di cui mi resi conto quasi subito fu la tecnica dello sfinimento: le assemblee erano tirate avanti con un tanto inutile quanto sfibrante chiacchiericcio di argomenti del tutto collaterali; giunti alla fine, cioè quando gli studenti erano ormai sfiniti, esausti e perciò decisi a terminare l'assemblea, ecco che improvvisamente provvido sbucava un documento scritto nelle sedi del potere, opportunamente tenuto nascosto fino a quel momento ma spacciato per un "meglio che niente", dal momento che sarebbe stata follia buttare via tutto questo tempo senza produrre nulla. Quando provai a parlarne con i miei amici mi presero per un complottista; adesso li vorrei rincontrare, e chiedere loro se all'epoca avevo ragione.

Oggi lavoro come assistente tecnico nel Liceo Ignazio Vian di Bracciano. Vorrei tanto poter sostenere gli studenti in una lotta rivendicativa; ma ormai da anni anch'essi hanno capito che la guerra è perduta, e che l'unica cosa che conta nella società attuale sono i soldi. Perfino il giornalino d'istituto è scomparso: quando vent'anni fa giunsi qui ce n'erano addirittura due, uno ufficiale e uno ufficioso; oggi tutto tace. Ma per contro che cosa posso imputare a questi ragazzi? Esiste forse un partito di sinistra, se la sua attuale segretaria si fa intervistare dal mensile Vogue ("la migliore rivista di moda del mondo") – come peraltro ha fatto anche la sua controparte statunitense? Sono forse queste le donne di sinistra, se è vero che anche l'altra sua collega ha deciso di diventare una delle Girls of Maxim (mensile che si definisce "rivolto principalmente a un pubblico maschile") definendosi con il claim "semplicemente essenziale"? Vorrei vedere se dovesse tirare avanti la carretta, facendo turni notturni e vivendo con il patema d'animo del licenziamento, se sarebbe ancora in grado di apparire semplicemente essenziale. Ma tanto a lei che cosa gl'importa? Il padre fu consigliere di amministrazione di Banca Etruria, e voi povery potete continuare a stringere la cinghia.

Nel frattempo, la società civile scompare, lentamente ma inesorabilmente.

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