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mercoledì 19 giugno 2019

NO alla regionalizzazione

NO alla regionalizzazione: i motivi di una contestazione fondata
di Stefano Stronati

Il 6 dicembre 1945 gl'industriali e le organizzazioni dei lavoratori firmarono un accordo per la parametrazione dei salari sulla base del costo della vita nei diversi luoghi: nacquero così le c.d. gabbie salariali, che avrebbero dovuto rendere le remunerazioni differenziate a seconda delle regioni di residenza dei lavoratori.
Ho voluto ricordare quest'evento perché esso è molto simile a un evento al contrario recente, ovverosia la proposta di creazione, diciamo così, di "gabbie regionali", volte a differenziare le prestazioni statali in materia di politiche del lavoro, istruzione, salute, tutela dell'ambiente eccetera a seconda delle regioni di residenza della cittadinanza. Le gabbie salariali si rivelarono ben presto una truffa ai danni dei lavoratori: in determinati casi la distanza salariale arrivò ad essere di ventinove punti percentuali – per fare un esempio, a fronte dello stesso lavoro un lavoratore poteva essere remunerato con ₤ 20.000 in una regione, con ₤ 25.800 in un'altra. L'abolizione formale delle gabbie salariali avvenne il 1 luglio 1972, ma praticamente esse erano scomparse fin dal 1969.
L’autonomia differenziata fu introdotta con l'art. 2 della Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (G.U. 24 ottobre 2001, n. 248), durante il governo Amato II ("Ahi quanto ci costò l'averci Amato") retto dalla coalizione dell'Ulivo – lo sappiano, tutti i detrattori del governo "fascista" colpevole di voler "distruggere la scuola pubblica". Oggi essa è prevista dall’art. 116, terzo comma, della Costituzione: ma prima e più importante di qualsiasi autonomia c'è l'art. 3, il quale al primo comma statuisce che "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale", e al secondo comma che "è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale": perciò, allora come oggi il Parlamento potrebbe benissimo fare la scelta politica di dire "no" a questa disunione nazionale. Al contrario, già adesso l'accordo firmato il 28 febbraio 2018 tra il governo (all'epoca primo ministro era Paolo Gentiloni) e la regione Veneto prevede che le risorse economiche per la regionalizzazione, ovvero ciò che lo Stato spendeva per scuola, trasporti, protezione civile, eccetera sarà trasferito alle regioni.
Il Presidente della regione Veneto, Luca Zaia, durante un incontro avvenuto lunedì 10 settembre 2018 nell’Aula Magna dell’Università di Padova con il ministro per gli Affari Regionali Erika Stefani (ambedue in quota Lega), ha espressamente indicato in nove decimi del gettito fiscale la quota che dovrà essere disponibile per l’autonomia differenziata: anche il più sprovveduto comprende che trattenere il novanta per cento del gettito fiscale da parte delle regioni più ricche significa che resterebbe un solo decimo allo Stato per mantenere la burocrazia, i servizi e le infrastrutture dell’intero Paese: una sciocchezza.
È superfluo dire che in questo panorama l'istruzione e la sanità sarebbero le voci più penalizzate: le regioni più ricche sarebbero in grado di costruire strutture scolastiche e sanitarie sicure e a norma, reclutare i migliori professori (anche i concorsi e le graduatorie diverrebbero regionali) pagandoli molto più di quanto adesso percepiscono, abbassare il numero degli alunni per classe e garantire per tutti il tempo pieno, mentre le regioni più povere farebbero fatica a mantenere finanche i livelli attuali. Non si tratta di fantasticherie di cariatidi incartapecorite, ancorate a vecchî schemi di stato centralizzato ottocentesco: succede già adesso nell’Università, gli studenti che cercano gli atenei e i professori migliori vanno via dal Sud per studiare al Nord.
Per questo motivo la contestazione senza tregua né trattativa è fondata. Le posizioni intermedie proposte per esempio dalla CGIL, che si è detta favorevole a forme di "autonomia solidale e cooperativa", o dei Partigiani della Scuola Pubblica, che esigono la definizione dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni), sono soltanto dei pannicelli caldi con il quale lenire un dolore profondo, che tale rimarrebbe laddove l'autonomia regionale si realizzasse con la mentalità discriminatoria ed egoista di certe forze politiche. Se taglio agli sprechi (questa la scusa addotta) dev'essere, allora che essi siano individuati ed eventualmente puniti: al contrario le "gabbie regionali" si riveleranno ben presto una truffa ai danni dei lavoratori, dei cittadini, degli studenti onesti e innocenti, ma "rei" di essere nati nel posto sbagliato. Alla faccia dell'art. 3 della Costituzione.
Bracciano, 19 giugno 2019.

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