Tuareg

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mercoledì 15 maggio 2019

L'ecologismo delle chiacchiere

(Ovvero, quando teoria e pratica stentano ad allinearsi)

Quant'è bello lo Sciopero scolastico per il clima: e quante ne sono state dette in tema. Gli studenti che finalmente tornano in piazza, la lotta contro l'inquinamento, la ragazzina colle treccine affetta dalla Sindrome di Asperger. Tutte cosine (eh sì, cosine davvero piccine) che fanno molto fico, molto giusto, molto green. Ma, a parte tanta audience, tanta televisione, tanto chiasso, fanno anche poco, molto poco di sostanziale.

A parte Maria Giovanna Maglie che, parlando di Greta Thunberg, ha detto – citazione testuale: «Se non fosse malata la metterei sotto con la macchina», guadagnandosi in questo modo il brevetto di testa di legno più dura della storia della radiotelevisione italiana e dando ancor più visibilità al nulla di questa manifestazione. A parte il livello di coscienza dei gggiovani-con-tre-gi, che al confronto Ambra Angioini sedicenne sembra Margherita Hack alla fine della propria carriera. A parte l'immondezzaio variegato abbandonato dai manifestanti, per il quale hanno dovuto provvedere gli scopini delle varie città. Vediamo che cos'è rimasto di sostanziale alla fine della festa.

Diamo per rato e valido che tutti quei ragazzi in piazza abbiano riflettuto e capito che fino a oggi hanno agito da irresponsabili, e che da oggi faranno qualcosa per il loro futuro, proprio come hanno scritto sul loro cartellone. Scendiamo nel pratico: che cosa hanno deciso di fare? Che cosa modificheranno delle proprie abitudini, che cosa smetteranno di usare e abusare, che cosa cambieranno della propria esistenza, in maniera da allinearsi agl'intenti propugnati nella manifestazione a cui hanno aderito e di cui dicono (dicono) di voler applicare i principî, gli scopi, i teoremi di vita?

Cominciamo dal telefono, vero idolo delle generazioni emergenti. Qual è l'uso che ne fanno? È un oggetto strettamente necessario? Lo usano per lavoro, per studio, per chiacchierare… per che cosa serve? La domanda sottende un altro quesito: di quale tipo di telefono hanno bisogno? E di seguito: di quanto spazio d'archiviazione? E ancora: di quale e quanta connessione? Credo che sia facile concludere che l'eventuale "necessità" accampata da qualsiasi adolescente sia in realtà un falso bisogno, indotto dal consumismo esasperato che in piazza dicevano di voler addirittura abbattere. Ripeto la domanda: in che modo – praticamente?

Annotazione: lo stesso discorso può essere comodamente applicato anche ai loro genitori, ai loro professori, a tutti gli adulti che molto ipocritamente si sono sperticati in canti e laudi e carmi per la manifestazione. Tuttavia, poiché i protagonisti sono gli studenti, a loro indirizzerò la mia invettiva. Per ora.

Frattanto proseguo il discorso. Mi sovviene in mente il viaggio d'istruzione, che giustamente cotanta gioventù apostrofa con il nomignolo di "gita": taccio per ovvie ragioni il costo, perché almeno per il momento la questione è fuori argomento; perciò chiedo, invece: con quale mezzo di trasporto? con quale fine? Perché se l'obiettivo fosse didattico, il viaggio sarebbe parzialmente giustificato; ma quando esso diventa, appunto, una gita, allora il discorso cambia. Quanti ecologisti in erba si sono fatto venire lo scrupolo di coscienza, arrivando a preferire il viaggio in treno piuttosto che in aereo, o in torpedone (pullman)?

Perché ci dobbiamo ricordare che il traffico aereo è uno dei maggiori fattori di inquinamento dell'aria. Ogni giorno più di centomila aerei rilasciano tonnellate di anidride carbonica e idrocarburi incombusti (in termine tecnico Unburned Hydrocarbons, sigla UHCs) che danneggiano vegetazione ed ecosistemi, con un'azione alterante del clima che contribuisce in modo incisivo al surriscaldamento del pianeta. Perciò: quanti hanno rinunciato all'aeroplano, quanti hanno preferita una meta più vicina, e soprattutto quanti hanno escluso l'aspetto ludico del viaggio, pur di andare incontro al proprio ideale ecologista?

Andiamo avanti. È recente l'apertura di un ristorante della catena McDonald's qui a Bracciano: dovrebbe essere noto a tutti che, per quanto l'azienda spenda ogni anno oltre 1,8 miliardi di dollari in tutto il mondo per pubblicità e promozioni, provando così a costruirsi l'immagine di una compagnia "verde" e "attenta" e che è anche un posto divertente dove mangiare, in realtà vende cibo ricco di grassi, zuccheri e sale, e povero di fibre e vitamine. Forse potrebbe essere utile raccontare che nel 1991 la McDonald's fu responsabile di una serie di avvelenamenti da cibo in Gran Bretagna, nei quali la gente colpita soffrì di gravi insufficienze renali: ma qui rientriamo nella critica a professori e genitori e medici, insomma gli adulti; perciò mi cheto di nuovo.

Taccio la questione delle paghe dei lavoratori, notoriamente molto basse, e degli straordinarî non pagati; taccio la questione del personale insufficiente nei posti di lavoro – con conseguente aumento della pressione lavorativa, cosa che comporta l'aumento della velocità e parallelamente gl'incidenti, in special modo le ustioni. Taccio la questione del ricambio continuo dei lavoratori, sia perché la pressione a cui essi sono sottoposti è sfiancante, sia perché così diventa impossibile qualunque azione rivendicativa sindacale di condizioni di lavoro più civili. Le accenno, solo in questo paragrafo: affinché siano note a chi legge.

Al contrario, sottolineo che McDonald's "deruba" i poveri: della loro terra, delle loro risorse, soprattutto delle loro foreste, che sono abbattute sia per vendere il legname sia per creare allevamenti intensivi di bestiame e per produrre foraggio. Il trucco sta nell'indebitamento dei paesi cosiddetti in via di sviluppo, ai quali però è impedito in ogni modo di saldare il debito: nello specifico, i generi alimentari prodotti in quei paesi sono pagati poco e rivenduti nei paesi più ricchi a prezzi nettamente maggiorati. Per questo motivo McDonald's pubblicizza e impone continuamente prodotti a base di carne: sette milioni di tonnellate di cereali producono solo un milione di tonnellate di carne e derivati, ma al contrario sette milioni di tonnellate di cereali rendono all'azienda ben meno di un milione di tonnellate di carne. Quanti ecologisti in erba conoscono questi dati? e quanti sono disposti a rinunciare al "rito" del ritrovo da McDonald's?

Un altro oggetto della mitologia giovanile è ormai da anni la "macchina", ovverosia l'autovettura. Bracciano giustifica l'uso di mezzi a motore per la presenza di salite talora assai ripide, vedi via Carlo Marchi, via Aurelio Saffi o via Prato Giardino. Tuttavia sarebbe interessante sapere quanti giovani siano in grado di preferire l'andatura a piedi piuttosto che il mezzo a motore: il mondo ecologista raccomanda di usare l'autovettura solo per tragitti superiori ai dieci chilometri, perciò vorrei sapere quanti ragazzi sono pronti a fare qualche passo a piedi invece di farsi trasportare dal genitore fino davanti l'ingresso della palazzina del Liceo. Ritorna così la critica ai genitori; perciò mi cheto ancora.

Altro argomento: il vestiario. Per pietà tacendo che tante marche di moda sfruttano i paesi più poveri alla stessa maniera della testé citata McDonalds: per tingere i tessuti sono usati ogni anno nove trilioni di litri di acqua e tonnellate di oltre ottomila sostanze chimiche, sostanze che poi finiscono nel terreno, nei fiumi e nel mare. Chi si limita ad acquistare e usare solo tessuti ecosostenibili, naturali, non tinti, con colori come il grigiolino chiaro, l'avana pallido, il giallino dei capi sbiancati col bicarbonato o il verdolino delle erbe? E le scarpe ginniche, fatte di gomma, noto prodotto industriale? E gli zaini di nylon, la cui produzione genera ossido di azoto, un gas a effetto serra trecentodieci volte più potente dell’anidride carbonica? A latere dell'argomento estetico, potremmo parlare anche delle tinte per capelli: i coloranti, talora assurdi, usati per creare un'immagine particolare di sé (mia madre diceva "da disadattata": ma devo dire che mia madre nacque nel 1935, e in ogni caso anch'ella si tingeva, sebbene di biondo), sono un fattore inquinante assai considerevole, visto che se ne usano milletrecento tonnellate l'anno solo nel nostro paese.

Ancora: quanti giovani hanno in famiglia le caffettiere con le capsule di plastica, invece della cara vecchia moka o la ancor più cara caffettiera napoletana. Quante ragazze usano gli assorbenti igienici usa e getta, fatti di cellulosa e cotone – ritorna il tema dello sfruttamento delle foreste, ma anche di plastica (poliacrilato, raion, polipropilene) e sostanze chimiche (profumi, antibatterici, gel); in luogo degli assorbenti fatti con bende di tessuto, perciò riusabili più volte. Quanti usano profumi ottenuti con prodotti importati (ambra grigia) o sintetici (muschio bianco), invece che prodotti con sostanze naturali più accessibili (acqua di rose, essenza di agrumi, ambretta). Sono tutte cose fattibili, la maggior parte scartate solo per moda: ma se davvero una nuova coscienza ecologica sta nascendo, sarà facile decidere tutti assieme di scegliere qualcosa di un po' più scomodo, un po' più brutto, un po' più povero all'apparenza: o no? Staremo a vedere.

Cordialmente.
Stefano Stronati

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