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giovedì 18 aprile 2019

Sul ritorno dell'ideologia nazista

Pubblicato qui: https://www.facebook.com/trillylu/posts/10218801952989720?comment_id=10218802784770514&comment_tracking=%7B%22tn%22%3A%22R%22%7D .

[ https://www.tpi.it/news/razzismo-italia-problema-padri-figli-20190417292932/ ]

Non sono molto d'accordo con l'interpretazione del giornalista:

1. perché il razzismo c'è sempre stato. Il concetto di (pretesa) "superiorità" è nato in associazione con l'uso della forza: fin dal tempo degli Egizi i popoli sottomessi militarmente sono stati considerati inferiori, e furono perciò ridotti in schiavitù. Col tempo il concetto fu allargato, collegandolo prima con la razza (in origine associato unicamente agli animali: il cavallo di razza, il cane di razza, il bovino di razza), successivamente con l'avvento della genetica è stata creata la miscela mostruosa che ha portato al progetto di sterminio. Tuttavia, torno a scrivere, il male ha radici antiche, solo che si ripresenta in diverse forme;


2. a tal proposito. Attualmente la "superiorità" si manifesta tramite l'economia: chi lavora, chi produce, chi vende più degli altri. Imperativo è "rendere", costi quel che costi – anche dal punto di vista umano. Questa nuova manifestazione della violenza può sembrare meno sanguinaria della precedente, ma al contrario proprio per tal motivo essa è assai più subdola. Il sangue scorre nei paesi cosiddetti "in via di sviluppo" (laddove in realtà è stato fatto ed è ancora fatto di tutto per scongiurarne, appunto, lo sviluppo: prima direttamente tramite le colonie, poi tramite le dittature e oggi tramite il debito del Fondo Mondiale Internazionale), ma la violenza è stabilmente presente anche nelle democrazie apparentemente più avanzate.


La "superiorità" è da sempre associata allo sfruttamento: come ho già scritto, una volta esso era perpetrato in modo più diretto, tramite lo schiavismo, poi si è sempre più reso asettico, vedi i paesi in via di sviluppo del paragrafo precedente. Oggi esso è compiuto anche in casa propria, senza eccessivi spargimenti di sangue ma tramite il precariato, sebbene sia edulcorato in mille modi, inteso tramite le sigle (co.co.co., co.co.pro, trallallero trallallà, si va sempre a finir là), e le parole (stage formativo, apprendistato, contratto a tempo determinato, come ti giri rimani fregato);


3. detto ciò. La violenza sarebbe da condannare sempre, ma appunto dev'essere sempre condannata, non solo quando essa è politica e ancor peggio di una ben identificata, definita e determinata parte politica. Il ragazzino usa certe parole e compie certi gesti (nell'immagine dell'articolo tre ragazzine polacche fanno il saluto nazista dinanzi all'entrata del campo di sterminio di Auschwitz) perché, dice giustamente l'articolista, «respira questa aria malsana che si spande tutto intorno e che la risputa come niente fosse, senza nemmeno masticarla e prestarci un po’ di attenzione, come fanno i bambini, soprattutto quando gli adulti non si rendono conto che l’esempio passa attraverso i fatti ma anche le parole».


Ora. Fa piacere leggere parole così accorate contro il razzismo, il bullismo, il sessismo; è stato bello vedere sentire leggere le parole di fuoco contro il Congresso Mondiale delle Famiglie; ma perché le stesse infocate invettive improvvisamente si chetano quando la violenza è perpetrata contro i lavoratori, contro i giovani, in particolar modo contro le donne? Perché se una donna è pagata meno di un uomo pur svolgendo lo stesso lavoro; oppure se è minacciata, o se vede licenziata una collega, o se è respinta da un colloquio di lavoro perché è incinta, o si è sposata e perciò rimarrà incinta, o non si è ancora sposata ma si potrebbe sposare e rimanere incinta; è ovvio che sarà propensa a rinunciare a formare una famiglia e avere figli. Questa è un'enorme forma di violenza, senza sangue senza lividi senza dolore fisico, ma che procura danni psicologici immensi.


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Ecco perché l'articolo mi vede d'accordo, ma fino a un certo punto: perché è giusto sottolineare che «il problema non è quel bambino che pronuncia una frase mostruosa (probabilmente inconsapevolmente) ma l’olezzo diventato irrespirabile di una nazione che continua a negare il razzismo (e certo fascismo) di ritorno e si nasconde dietro a un dito fingendo di non vedere, di non voler sapere, di non avere niente da dichiarare»; ma altrettanto giusto sarebbe condannare il fingere di non vedere, di non voler sapere, di non avere niente da dichiarare sulla "macelleria sociale".


La locuzione fu coniata nel 2001 dall'allora Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, lo stesso che ebbe l'occasione di dire che «con la cultura non si mangia». Ne consegue che è ben vero che il sonno della ragione genera mostri: ma il mostro è sia il razzismo, il bullismo, il sessismo, sia la riduzione dell'essere umano a una mera macchina di produzione. Allora, o combattiamo tutte le manifestazioni disumane, oppure è normale che tre ragazzine facciano il saluto nazista: dopotutto sappiamo da tempo che il potere logora (e affascina) chi non ce l'ha.

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