Tuareg

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domenica 21 gennaio 2018

Sulle cause della prossima vittoria del MoVimento

Trascritto qui: https://www.facebook.com/mario.matricardi.94/posts/362906204120153 .

_ Ah ma che bel dire, ah ma che bel descrivere, ah ma che bella forma! E la sostanza, signora Professoressa - con la pi maiuscola, per carità, ché mai sia Ella s'offenda? Se c'è una categoria che in questo miserando Paese merita lo stigma, l'indicazione, la condanna per superbia, accidia e vanità ebbene questa è la casta degl'insegnanti: e mi premunisco di sottolineare la parola "categoria", perché come in qualsiasi gruppo umano c'è sempre chi si differenzia, ma nella più gran parte i docenti rispondono alla descrizione testé fatta. Posso scrivere certe affermazioni perché dalla mia posizione privilegiata di assistente di laboratorio, e cioè vicina ma separata dal corpo docente, ho potuto osservare questo mondo strano per venticinque anni.
_ In aggiunta a ciò, ho fatto sindacato per quindici anni nel mondo della scuola - superiore, nel mio caso: sindacalismo indipendente, combattivo, risoluto. Ho trovate solo accidia, rassegnazione, lamentela fine a sé stessa - fatte salve le solite, rare, onnipresenti eccezioni, come già detto. Oggi, chiuso nella cella mentale in cima al mio eremo psicologico, rivedo le mie esperienze nei pochissimi colleghi di buona volontà appena assunti, i quali partono con la medesima carica, speranza, disposizione che profusi all'epoca, ma scoprono molto prima di quanto io abbia fatto quale razza di "muro di gomma" (citazione di una cara ragazza, tanto intelligente quanto buona d'animo) costituisca l'essenza dell'autonominata casta sacerdotale del personale docente.
_ Orbene, dopo venticinque anni che cosa leggo? La stessa prosopopea, le stesse parole altisonanti, la stessa identica vacuità: «I 5 Stelle vinceranno perché hanno sedotto quella parte del paese inetta e rancorosa con l'idea che siamo tutti uguali e che lo studio, l'impegno e il sacrificio nella vita siano in fondo un dato relativo». Sì, signora Professoressa: lo studio è totalmente privo di valore, laddove esso si limita a occupare lo scranno più alto dell'aula e si dimentica dell'impegno sociale. Dove sono le proteste, dove sono le contestazioni, dove sono le manifestazioni dei docenti? Lo scrivo io, egregia Signora: alle manifestazioni sono più gli studenti dei docenti. Questi ultimi nella massima parte rimangono a scuola, mai sia che perdano il proprio ruolo di cortigiani della dirigenza scolastica; quand'anche si decidono a scioperare, poi scelgono tra o andare a far la spesa o, peggio che mai, andare per negozî. Solo per questo ci dovremmo scusare con gli studenti, e ringraziarli; e fare noi un piccolo esame di coscienza.
_ Le «conseguenze sociali» di questi comportamenti sono ben note agli addetti ai lavori, tant'è che la Signora si guarda bene dal dire: ovverosia la condanna dei docenti quali sfaticati privilegiati, liberi dal dover rendere conto a qualcuno, chiunque sia, del proprio lavoro. I docenti, cara signora Professoressa, hanno offerta la spalla a qualsiasi persona si sia professa di rappresentarli (purché fosse di "sinistra") sia in sede di contrattazione - con la conseguenza di ben UNDICI ANNI di vacanza contrattuale, di cui nove di vacanza economica; sia in sede politica - e ovviamente, se l'ex Gran Partito dei Lavoratori ritiene che il signor B. sia un valido interlocutore, ebbene orsù, proniamoci un po' di più. Congratulazioni vivissime.
_ Sì, è vero: «L'onestà di cui il movimento si riempie la bocca continuamente non è un vanto. È il grado zero della civiltà». Ora però ci dica, egregia Signora: qual è il grado di civiltà della scuola pubblica? Una scuola dove lo studio della storia termina ancora oggi al 1945, con il bombastico trionfo delle potenze Alleate contro quelle dell'Asse; una scuola dove si ricordano Mozart e Beethoven, ma si dimenticano Charlie Parker e Jimi Hendrix; una scuola dove si parla dei fratelli Gracchi, ma si tace di Martin Luther King; una scuola, Signora, dove non si parla di mafia, nonostante che il giudice Antonino Caponnetto nel 1994 disse: «La mafia teme la scuola più della giustizia, l'istruzione toglie erba sotto i piedi della cultura mafiosa».
_ Per concludere. Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, è un conduttore televisivo, regista e attore italiano; orbene, Pif ebbe l'occasione di dire: «I non siciliani faticano a capire cosa vuol dire crescere a contatto con la mafia. La gente ha l'idea del mafioso tipo Totò Riina. Invece i mafiosi erano anche Stefano Bontate: parlava francese, inglese e se l'avessimo incontrato sarebbe stato gentilissimo, un signore». Ecco a che cosa serve la cultura, senza coscienza critica: ed ecco a che cosa serve la scuola, se si limita a parteggiare per una parte politica senza esigere da essa onestà intellettuale. Impari, signora Professoressa.

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