Tuareg

Tuareg
Tuareg

domenica 3 agosto 2025

Sul dono della vita

Pubblicato qui: https://www.facebook.com/groups/1849856975520530/permalink/2215355055637385/?comment_id=2215436742295883 .

[Warning. Il testo seguente è formulato da una mente che crede unicamente nel mondo materiale. Chi rifiutasse questo modello, è gentilmente pregato di evitare argomentazioni oppositive per partito preso; nel caso gli sarà negata ogni considerazione. Grazie.]

> Se ringrazi per il dono della vita

Il concetto di ringraziamento è fortemente presente nelle religioni abramitiche, dove la divinità "concede" tutta una serie di "doni" che, a ben vedere, sono semplicemente condizioni favorevoli.

> Ma allora chi sono questi tutti?

La divinità crea le anime, che poi incarna in un corpo. Il "rischio" sarebbe quello dell'inesistenza, ovverosia la divinità potrebbe scegliere di non creare una specifica anima, e quindi uno specifico essere umano. Tuttavia, quand'anche la divinità si astenesse da questo compito, nessuna conseguenza ne deriverebbe: non ci sarebbe chissà quale sofferenza, per la semplice motivazione che non esisterebbe l'entità che subisce questa preclusione e di cui ne soffre.

> in base a quale criterio se ne beficerebbe?

Nessun punto dei sacri testi illumina su quest'eventualità, così come tace sulle note caratteriali delle anime: come e perché nascere maschio o femmina, introverso o estroverso, matematico o artistico. Molto semplicemente, la divinità crea: da quel momento il duo anima-corpo è resposabile delle proprie azioni.

> E se invece il beneficiarne fosse equo e per tutti

Una simile ipotesi renderebbe però la vita non già una concessione divina, bensì una condizione automatica: tutte le anime sono incarnate in un corpo, quindi la vita non è un dono specifico. L'obiettivo di chi ha creata la divinità è stato invece l'assoggettamento dell'essere umano alla volontà (verrebbe voglia di scrivere il capriccio, ma mi rendo conto che qualcuno troverebbe il sostantivo di cattivo gusto o addirittura offensivo) divina.

Quindi la vita è un dono – punto e a capo, così come tutto ciò che durante la vita la divinità concede alle sue creazioni. È evidente che questo dogma cozza contro gli eventi negativi con cui gli esseri umani si trovano a intercorrere: come giustamente osservava Voltaire, mentre la guerra è decisa dagli uomini («E il peggio è che la guerra è un flagello inevitabile»), al contrario la carestia e la peste, «Questi due presenti ci vengono dalla provvidenza»; cioè, in una visione teologica, dalla divinità.

Con riferimento alla carestia, nel senso di carenza delle condizioni di nascita e di crescita che potrebbero condizionare le scelte future, è evidente che chi nasce in una famiglia agiata, acculturata, tranquilla, avrà un futuro più piacevole di chi nasce in una famiglia povera, ignorante, agitata. Al contrario, in ambedue i casi i peccati, ovverosiano le azioni contrarie alla volontà divina, commessi dall'anima-corpo saranno inesorabilmente punite dalla divinità.

A questo punto sì, possiamo parlare di doni. Mentre tutti gli esseri umani nascono – o almeno nessuna citazione prende in considerazione le anime eventualmente non incarnate, ogni essere umano nasce in una situazione peculiare. Qui finalmente possiamo porre la domanda dirimente:

> in base a quale criterio se ne beficerebbe?

Anche a questo punto le sacre scritture tacciono: l'unico accenno, peraltro molto più filosofico che pratico, è in Genesi 3:5, quando il Serpente, l'incarnazione del Male, dice ad Eva di mangiare il frutto della conoscenza: «Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male».

La cosa è talmente tanto grave che già Agostino d'Ippona nel IV Secolo d.C. si chiese: "Se Dio c'è, da dove deriva il male?" ("Si Deus est, unde malum?") – e per converso, "se Dio non esistesse, da dove verrebbe il bene?" ("Si non est, unde bonum?"). Nella teologia abramitica, il bene e il male sono attinenti alla volontà del singolo: invece, per quanto riguarda le condizioni di vita favorevoli o sfavorevoli, come già detto tutto tace.

P.s.: a ben vedere, le Scritture tacciono anche sull'origine del Male. In Genesi 3, come detto, compare /ex nihilo/ il Male; e anche in Giobbe 1:7, «Il Signore disse a Satana: "Da dove vieni?" Satana rispose al Signore: "Dal percorrere la terra e dal passeggiare per essa"». Invero fu Dante che scrisse «contra ’l suo fattore alzò le ciglia», e attribuisce il gesto alla superbia. Solo nel Corano è scritto che Shaytan fu l'unico a ribellarsi e a non prosternarsi di fronte ad Adamo: «Sono migliore di lui; hai creato me dal fuoco, mentre creasti lui dall'argilla».

[in base a cosa (se è lecito chiedere) una qualsiasi entità dovrebbe concedere ad alcuno/a "doni" ed ad altri meno/niente (lecito chiedere se il dominante ne da facoltà)? In base al libero arbitrio della divinità di turno, dell'autorità, del medico del padre e della madre ecc.?). Allora perchè ringraziare se il dono è fatto solo partendo dall'esigenza di soddisfare un piacere o un tornaconto personale del dominante? Perchè il "sottoposto" dovrebbe ringraziare il dominante per un'equità decisa nell'esercizio del potere dal dominante stesso?]

Domande ineccepibili. In una qualsiasi competizione i partecipanti partono tutti da un comune punto: gli atleti della velocità dalla partenza, gli atleti del lancio da un limite, gli atleti del peso affrontano sollevamenti via via più gravi.
Come ho riportato anche nel mio testo parlando della domanda dirimente, sull'argomento le Scritture tacciono: è così, punto. Tutto è rimandato a una vita futura; sarà la divinità a valutare, nella sua infinita bontà, intelligenza, coscienza i meriti e le colpe dell'uomo. Nel mondo calcistico si dice "buttare la palla in calcio d'angolo".
Non per niente, Umberto Eco nel suo romanzo Il nome della rosa immagina il seguente scambio di battute tra l'abate cieco e l'erudito francescano:
Quando Jorge da Burgos chiede a Guglielmo da Baskerville «Che volete davvero?», Baskerville risponde: «Voglio il libro greco, quello che, secondo voi, non è mai stato scritto. Un libro che tratta solo di commedia. Probabilmente è l'unico esemplare conservato di un libro di poesia di Aristotele. Ci sono molti libri che si occupano di commedia. Perché questo libro è proprio così pericoloso?». L'abate risponde: «Perché è di Aristotele e farà ridere». Baskerville replica: «Cosa c'è di inquietante nel fatto che gli uomini possano ridere?». L'abate: «La risata uccide la paura, e senza paura non ci può essere fede. Colui che non teme il diavolo non ha più bisogno di Dio».
Uno scambio di battute decisamente poco fideistico, ma capace di spiegare molte cose riguardo la fede, la divinità e la verità assoluta.

Nessun commento:

Posta un commento