È difficile trovare una soluzione alla questione europea; perché gli stessi europei, se così li vogliamo chiamare, non esistono né come cittadini, né come popolo. Esistono i tedeschi, sebbene divisi tra settentrionali prussiani e meridionali bavaresi; i francesi, anch'essi divisi tra franciani e occitani (lasciamo stare gl'italiani...); ma gli europei, non esistono. Non esistono nel senso filologico del termine, oltre che dal punto di vista etnico e politico: non esiste l'idea di una casa comune, di aiuto alle nazioni più povere da parte delle nazioni più ricche, anzi arrivo al punto di dire che non esiste neanche all'interno delle singole nazioni, vedi il caso dei minatori britannici alle prese con lady Margaret Thatcher o dei cittadini greci con i proprî governanti, i quali hanno venduto il popolo alle Banche centrali.
Ecco, proprio il nodo delle Banche è, dal mio punto di
vista, il vero problema. Fin dalla sua costituzione, la Comunità Europea ha
fatto riferimento all'economia quasi che fosse la chiave per risolvere tutti i
mali. È vero che la Germania ha principiata la propria unione nel 1834 con lo
Zollverein, ma i tedeschi avevano già una propria unità storica: c'era perciò
una base culturale (il popolo tedesco) su cui costruire l'unità politica (il
Secondo Reich). L'Europa, al contrario, annovera mille e mille etnie, popoli,
religioni, fazioni: basta dare un'occhiata alla regione balcanica per farsi
un'idea. Perciò, secondo me, prima di tutto, bisognava sciogliere queste
barriere, e solo successivamente passare all'unione economica, e infine
politica.
Il risultato è stato che ognuno ha cercato di tirare l'acqua
verso il proprio mulino, facendosi beffe dell'esistenza di un'unione solo
nominale; e in questa lotta, ovviamente i vincitori sono stati i Paesi con le
economie già forti nel 2002, quando l'Euro divenne definitivamente la moneta
ufficiale della Comunità: parlo della Germania e della Francia - e meno male
che la Gran Bretagna è rimasta fuori dalla Zona Euro, altrimenti le economie
più forti sarebbero state, appunto, tre. Questa, com'è ovvio comprendere, non è
né un'unione economica, né politica, né ideologica: è un'arena, dove vince chi
è più forte.
Sarebbe folle ritornare all'esistenza di ventotto micro
economie, ché ci ridurremmo a livelli africani; ma altrettanto folle sarebbe
rimanere, come ho detto, nell'arena. Sarebbe il caso di rivedere tutto
l'impianto dell'Unione, magari anche provvedendo a sciogliere quella attuale,
guardando ad altre comunità di stati. Inutile dire che la mente corra
immediatamente agli Stati Uniti: cinquanta stati (più altri territorî, come
Portorico, Guam /et cetera/), quasi dieci milioni di chilometri quadrati, più
di trecento milioni di abitanti; tuttavia, c'è un solo governo centrale, una
sola legislazione del lavoro, una sola moneta e una sola lingua ufficiale.
Ora, è ben vero che l'Unione Europea annoveri cinquecento
milioni di abitanti su una superficie di più di quattro milioni di chilometri
quadrati; ma questi sono suddivisi in ventotto Stati, ognuno con la propria
economia, la propria legislazione, la propria lingua. Inoltre, sono presenti la
bellezza di dodici monete, e per quanto nove Paesi siano prossimi ad entrare
nella Zona Euro, uno (la Svezia) ha tutta l'intenzione di mantenere la propria
moneta; a questo aggiungiamo due Paesi (la Gran Bretagna e la Danimarca) che,
pur facendo parte dell'Unione da tempo, mantengono da sempre la propria moneta.
Altre eccezioni, meno incisive, riguardano l'Irlanda, la Polonia e la
Repubblica Ceca.
Fossi un investitore, mi sembra ovvio che dirigerei i miei
capitali altrove: quand'anche volessi evitare gli Stati Uniti per qualsiasi
motivo, ci sarebbero già pronti il Brasile, o la Cina, o l'India; Paesi che si
differenziano anche per motivi politici e ideologici, cosa che mi permetterebbe
di fare un discorso pubblicitario e di propaganda. Chi mi obbligherebbe,
perciò, a investire in Europa. Quando la Confederazione Tedesca adottò l'Unione
Doganale, come ho scritto più sopra, c'era almeno un'unica lingua per
comunicare.
Ecco per quale motivo io sono favorevole a un'Europa unita,
ma da sempre contrario a questa Unione Europea. Quando nel 2001 fu concesso ai
correntisti di poter trasformare in anticipo il proprio conto corrente da lire
in euro, io scrissi alla mia banca chiedendo che, al contrario, il mio conto
fosse mantenuto in lire fino all'adozione dell'euro, appunto il primo gennaio
del 2002: fu quella, nel mio piccolo, la mia contestazione all'euro, in una
campagna politica che cantava ai quattro venti le laudi della moneta unica.
Come disse Indro Montanelli, è «stato inutile aver avuto ragione»: ma c'è
sempre tempo per correggere gli errori.
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